6 marzo, 2024 - Ferdinando Ametrano
In questi giorni l’attenzione di tutti è sui record del prezzo Bitcoin. Mentre gli investitori festeggiano, osserviamo anche la sorpresa di chi aveva dato Bitcoin per morto, il disprezzo degli scettici e i tentativi di minimizzare la sua importanza. Queste reazioni nascono da profondi fraintendimenti.
Sbaglia clamorosamente Jeffrey Greenbaum di Hogan Lovells a dichiarare su CityWire che gli “investitori italiani in asset digitali sono giovani che investono 20 o 30 euro”. Al contrario, Banca d’Italia rileva che il 4,3% delle famiglie nel quartile di reddito più alto ha investito in cripto, il 33% di queste ha investito oltre 5mila euro e l’11% oltre 30mila euro. Inoltre, l’Organismo Agenti e Mediatori (Oam) riporta che a settembre 2023 1,5 milioni di investitori italiani detenevano circa 1,3 miliardi di euro presso gli intermediari cripto autorizzati. Da allora, questi volumi sono almeno raddoppiati semplicemente per l’aumento dei corsi.
Tuttavia, la rilevanza del fenomeno Bitcoin è dimostrata dall’autorizzazione degli Etf negli Stati Uniti il 10 gennaio. Al 5 marzo, BlackRock e Fidelity hanno già raccolto quasi 19 miliardi di dollari, polverizzando tutti i record precedenti in ambito Etf e spingendo il prezzo di Bitcoin ai nuovi massimi. È stato scritto che “Wall Street ha normalizzato Bitcoin”, ma siccome Bitcoin non è cambiato in questi anni, sarebbe più accurato dire che “Bitcoin ha normalizzato Wall Street”.
Ancor meno comprensibili sono le lamentazioni di Donato Masciandaro su Il Sole 24 Ore. L’economista paragona Bitcoin alla bolla dei tulipani, confrontando un episodio storico durato tre mesi nell’Olanda del XVII secolo con un fenomeno che resiste da quindici anni nell’attuale economia globale, caratterizzata da un’efficienza dei mercati e una diffusione delle informazioni senza precedenti. Inoltre, Masciandaro si attarda a criticare Bitcoin come moneta, tesi sostenuta da ingenui anarco-capitalisti ma sconfessata nei fatti da almeno un decennio: Bitcoin non è buona moneta transazionale, come dimostra il famigerato episodio dell’acquisto nel 2010 di due pizze per 10mila Bitcoin, cioè oltre 600 milioni di euro ai corsi attuali.
Nessuno investe in Bitcoin aspettandosi che funzioni bene come moneta. Piuttosto, Bitcoin è un bene di investimento, l’equivalente digitale dell’oro. Per la prima volta nella storia abbiamo un artefatto digitale trasferibile ma non duplicabile, quindi scarso in ambito digitale come null’altro prima: la scarsità permette a Bitcoin di acquisire valore economico ed un segmento sempre più ampio del mercato riconosce questo valore. Come l’oro fisico ha giocato un ruolo cruciale nella storia della civiltà, della moneta e della finanza, così Bitcoin, il suo equivalente digitale, con incorporato un network transazionale sicuro ed incensurabile, sta rivoluzionando la nostra civiltà digitale e promette di essere dirompente nel futuro della moneta e della finanza.
Quello che è stata Internet per l’informazione, promette di essere Bitcoin per la trasmissione del valore. Con buona pace di chi, come Paul Krugman, non aveva capito Internet (”sarà chiaro che l’impatto di Internet sull’economia non è stato superiore a quello del fax”) e non riesce a capire Bitcoin come l’Internet del valore.
Tuttavia, nelle ultime settimane il pronunciamento più sconcertante è stato quello di Ulrich Bindseil and Jürgen Schaaf sul blog di Banca Centrale Europea. Incuranti di aver già dichiarato su quel blog il fallimento di Bitcoin nel novembre 2022, invece di chiedere scusa reiterano le solite sciocchezze su Bitcoin: cattiva moneta (abbiamo chiarito sopra: è oro, non moneta), pessimo investimento (nonostante sia l’asset class con i rendimenti più alti negli ultimi dieci anni), con prezzi di mercato manipolati (sebbene la Sec abbia appena autorizzato gli Etf), usato dalla criminalità organizzata.
Quest’ultima critica è costantemente smentita nelle edizioni del rapporto annuale di Chainalysis, società leader nella forensica blockchain, il cui software è usato dalle principali agenzie investigative internazionali. Il crimine legato alle cripto diminuisce percentualmente ogni anno, coinvolge primariamente valute diverse da Bitcoin e consiste principalmente in truffe. Queste truffe coinvolgono investitori sprovveduti, resi più vulnerabili proprio dalle restrizioni imposte dai regolatori agli intermediari tradizionali vigilati che non possono offrire servizi finanziari in ambito cripto.
Fortunatamente, attori fraudolenti come FTX di Sam Bankman-Fried e Binance di Changpeng Zhao sono stati puniti da azioni legali negli Stati Uniti, rafforzando la fiducia in una crescita sostenibile del mondo cripto, priva di scandali e frodi. Gli sviluppi normativi europei come il regolamento Mica e la definizione del quadro fiscale, già chiarito in Italia, rafforzano ulteriormente la fiducia.
L’imminente halving di Bitcoin in aprile alimenta aspettative rialziste. Sebbene oggi quantitativamente poco significativo, ha coinciso in passato con cicli rialzisti e sappiamo che nel mercato le dinamiche comportamentali facilmente convalidano le aspettative. Inoltre, perfino il CFA Institute Research Foundation suggerisce di allocare in Bitcoin il 2.5% di un portafoglio di investimenti diversificati: se i 112 trilioni di dollari di asset under management a livello globale dovessero seguire l’indicazione, il valore di mercato di Bitcoin dovrebbe triplicare per accomodare questi capitali. Insomma, meglio rassegnarsi: l’adozione di Bitcoin è inarrestabile.
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