Siamo tutti Satoshi

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10 ottobre, 2024 - Ferdinando Ametrano

Un nuovo documentario tenta di svelare l’identità segreta di Satoshi Nakamoto ma fallisce rovinosamente

Sedici anni fa, un individuo o un gruppo utilizzò lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto per lanciare Bitcoin. Due anni dopo, Satoshi scomparve e la sua identità rimane ancora oggi un mistero: si è finora dimostrato indifferente sia alla fama che al richiamo della ricchezza dei bitcoin da lui controllati e mai utilizzati (oltre 60 miliardi di dollari).

Nel recente documentario di HBO Money Electric: The Bitcoin Mystery, diretto da Cullen Hoback, si esplorano le origini di Bitcoin. Sebbene la produzione sia coinvolgente e ben realizzata, fallisce rovinosamente quando identifica erroneamente Peter Todd, un crittografo canadese e sviluppatore di Bitcoin, come il misterioso creatore di Bitcoin.

HBO non è la prima a cadere nella trappola di voler smascherare Satoshi Nakamoto. Nel 2014, Newsweek puntò i riflettori su Dorian Satoshi Nakamoto, un ingegnere californiano la cui unica “colpa” era quella di avere lo stesso nome del creatore di Bitcoin. Dorian dovette affrontare diversi mesi difficili prima di riuscire a smentire definitivamente questa falsa affermazione.

Nel 2015, il New York Times suggerì che Nick Szabo, uno dei pionieri concettuali di Bitcoin, potesse essere Nakamoto. Tuttavia, Szabo era più un teorico che un programmatore. Allo stesso modo, Hal Finney, uno dei più famosi crittografi degli ultimi decenni e uno dei primi sostenitori di Bitcoin, è stato spesso associato a Nakamoto. Finney negò ripetutamente questa affermazione prima di morire nel 2014.

La situazione peggiore si creò nel 2016, quando la BBC fu ingannata da Craig Wright che affermava di essere Satoshi Nakamoto. Supportato da risorse finanziarie significative, Wright intraprese una campagna durata anni per cercare di modificare il protocollo di Bitcoin e ottenere quindi accesso ai Bitcoin originariamente controllati da Nakamoto. Tentò anche di impedire la pubblicazione e la distribuzione del whitepaper originale di Bitcoin e intentò cause legali contro chi si opponeva a lui. Fortunatamente, a giugno di quest’anno, un tribunale del Regno Unito ha stabilito che Wright non è l’autore del whitepaper di Bitcoin, non è la persona che operava sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto nel periodo 2008-2011 e non è il creatore del sistema Bitcoin né l’autore del suo software iniziale.

Anche l’identificazione di Peter Todd come Satoshi nel documentario HBO è fallace. Questo errore avrebbe potuto essere facilmente evitato se Hoback avesse preso il tempo di contattare Todd e verificare correttamente le deboli prove presentate nel film. Invece, il regista e i produttori sembrano aver trascurato la dovuta diligenza, utilizzando l’identificazione di Nakamoto come un espediente di marketing. Questo non solo è vergognoso, ma anche pericoloso, specialmente perché associare erroneamente Todd al controllo di oltre 60 miliardi di dollari in Bitcoin potrebbe persino mettere a rischio la sua vita.

Inoltre, se gli autori del documentario avessero voluto speculare, avrebbero almeno potuto basarsi su teorie più credibili, anche se non dimostrate, come quella che riguarda Len Sassaman. Sassaman era un brillante cypherpunk che ha dedicato la sua vita a difendere le libertà personali attraverso la crittografia. Ha lavorato come sviluppatore su tecnologie open-source per la privacy come PGP e ha condotto ricerche accademiche su reti peer-to-peer sotto la guida dell’inventore di eCash David Chaum. Tragicamente, Sassaman si tolse la vita il 3 luglio 2011, dopo una lunga battaglia contro depressione e disturbi neurologici. La sua morte coincide con la scomparsa di Satoshi Nakamoto. Infatti, solo due mesi prima della morte di Sassaman, Satoshi inviò il suo ultimo messaggio: ”mi sono spostato su altre cose e probabilmente non sarò più in giro in futuro”. Ad ogni modo, Meredith Patterson, la moglie di Sassaman, ha negato in passato che il marito sia stato il creatore di Bitcoin.

In definitiva, con la sua scomparsa Satoshi ha trasmesso un messaggio chiaro: Bitcoin appartiene a tutti e deve rimanere libero dall’influenza di qualsiasi individuo. L’assenza di una figura centrale è un punto di forza perché garantisce che lo sviluppo di Bitcoin non è soggetto a improrie pressioni dirigiste. Come dicono spesso gli appassionati di Bitcoin: ”Siamo tutti Satoshi”. In effetti, lo siamo perché Satoshi vive in tutti coloro che comprendono e adottano la sua geniale creazione: un asset digitale che può essere trasferito ma non duplicato, scarso in ambito digitale come null’altro prima. Una scarsità che richiama quella dell’oro in natura: basta pensare al ruolo dell’oro nella storia della civiltà, della moneta e della finanza, per capire la rilevanza dirompente del suo equivalente digitale nell’attuale civiltà digitale e nel futuro della moneta e della finanza.

Per comprendere davvero le origini cypherpunk di Bitcoin, invece del documentario HBO, è molto meglio leggere The Genesis Book: The Story of the People and Projects That Inspired Bitcoin di Aaron van Wirdum o guardare The Digital Rush, un documentario in cui è intervistato anche Peter non-Satoshi Todd, prodotto dalla Bapu Film di Paolo Aralla assieme al Digital Gold Institute.

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