Il mining di Bitcoin e i consumi di energia

5 giugno, 2024 - Staff

Il mining di Bitcoin viene spesso criticato per il suo presunto consumo eccessivo di energia ma dati ottenuti da recenti studi hanno rivelato una narrazione diversa

4 Giugno, 2024 - Il mining di Bitcoin viene spesso criticato per il suo presunto consumo eccessivo di energia ma dati ottenuti da recenti studi hanno rivelato una narrazione diversa. Il Cambridge Center for Alternative Finance (CCAF) dell’Università di Cambridge ha infatti stimato per l’anno 2023 un consumo energetico di circa 120,00 TWh derivato dalle attività relative a Bitcoin.

In rapporto al consumo energetico annuo su scala globale di oltre 27400 TWh quello di Bitcoin rappresenta quindi solo lo 0,05% del consumo energetico totale mondiale. Un dato che dimostra come l’attenzione sul tema delle criptovalute e il loro consumo energetico dovrebbe concentrarsi sulla fonte dell’energia consumata e come questa viene prodotta piuttosto che sulla quantità di energia utilizzata.

È inoltre importante evidenziare come questo comporti anche un uso innovativo dell’energia prodotta da queste fonti. Infatti, a differenza di altre industrie, il mining di Bitcoin è relativamente mobile e quindi i miners possono facilmente creare nuove strutture in tutto il mondo. Di conseguenza, questi possono sfruttare risorse energetiche isolate, anche in aree remote, dove l’energia prodotta non può essere consumata da altri tipi di industrie, utilizzando così un surplus di energia che andrebbe altrimenti sprecato.

Il mining di Bitcoin incoraggia così l’utilizzo di energie che andrebbero altrimenti sprecate praticando questa attività in aree dove le fonti sono sottoutilizzate. Energie come quella idroelettrica sono abbondanti ed economiche ma gran parte di questa non viene utilizzata a causa della mancanza di tecnologie di stoccaggio o dell’impraticabilità del trasporto; i minatori diventano così utilizzatori innovativi, capitalizzando sulla quantità di energia in surplus che altrimenti andrebbe persa direttamente alla fonte.

Uno studio condotto dal Benchmarking sugli Asset Cripto dell’Università di Cambridge, pubblicato nel settembre 2020, ha rilevato che il 62% di chi mina Bitcoin utilizza energia idroelettrica come parte del loro mix energetico. Complessivamente, circa l’80% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare fonti di energia rinnovabile, indicando una significativa dipendenza da questo tipo di fonti. Questo portafoglio energetico diversificato evidenzia gli sforzi dell’industria per combinare efficientemente fonti rinnovabili e non rinnovabili.

Pertanto, gli studi mostrano come il consumo energetico del mining di Bitcoin sia una frazione decisamente minuscola del consumo energetico globale, e la sua crescente dipendenza dalle energie rinnovabili sottolinea un cambiamento verso pratiche energetiche più sostenibili ed efficienti. Secondo gli studi di Cambridge, Bitcoin è responsabile di appena lo 0,25% delle emissioni globali di gas serra, una quantità simile alle emissioni prodotte per l’estrazione dell’oro e 25 volte inferiore a quelle causate dagli impianti di climatizzazione ogni anno.

In conclusione, la vera discussione dovrebbe concentrarsi sui modi innovativi e sostenibili in cui i minatori di Bitcoin utilizzano l’energia, piuttosto che sul volume di energia consumata.

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